"Sviluppo a medio termine delle aree interne" - Censis / Fondazione Merloni


Premessa

 

Immaginare un rilancio e un futuro vitale per le aree colpite dal terremoto, vuol dire mettere in atto progetti che, parallelamente alla ricostruzione, rilancino un territorio più ampio e prevengano lo scivolamento verso il basso, anche socio economico, di quelle aree. È quindi necessario allargare l’orizzonte a tutto l’Appennino, almeno nella sua dimensione “centro-orientale”.

I problemi che hanno afflitto l’Appennino in questi ultimi decenni son ben noti: lo spopolamento, l’invecchiamento, la perdita di presidi produttivi, l’allontanamento dei servizi, la conseguente crisi occupazionale ed economica, la crescente propensione a privilegiare le zone costiere.

Si va quindi verso uno scenario in cui la parte interna, lo scheletro dell’Italia centrale, diventa sempre meno vitale ed appetito, mentre ha sempre più opportunità di sviluppo la “polpa” delle zone di pianura e costiere: un’evoluzione che cambierebbe la dinamica e la stessa identità del sistema Italia.

 

La ricerca

 

La Fondazione Merloni e la Fondazione Censis hanno realizzato un’indagine che mettesse in luce le potenzialità che ancora relojes de imitacion baratos esprime l’Appennino, raccogliendo ed elaborando dati, nonché realizzando 2 seminari di ascolto sul territorio e un centinaio di interviste a testimoni privilegiati.

Il primo dato è che lo spopolamento dell’ultimo mezzo secolo, ha sì dissanguato le aree interne, ma al tempo stesso ha prodotto una tale rarefazione di popolazione da incrementare il tasso di “opportunità pro-capite.

Inoltre l’Appennino mantiene una sua identità di fondo, una coesione sociale che gli permette di “stare ancora in piedi”, grazie a valori quali: l’operosità, il risparmio, la famiglia, la comunità, il territorio e le tradizioni.

Questi valori hanno ancora la capacità di incidere sui comportamenti e le scelte di fondo delle popolazioni.

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"Abbandonati dalle Istituzioni", ma non dal sentimento di solidarietà degli italiani

 

Dalle interviste emerge che il sentimento di solidarietà sociale che ha caratterizzato i primi tempi del post terremoto non si è spento: le popolazioni sentono attorno a loro un forte sostegno sociale che però ha come contraltare una diffusa sensazione di abbandono da parte delle Istituzioni.

Oltre tre quarti degli intervistati si sente “dimenticato” se non dalle “prime linee” del sistema di sostegno pubblico, almeno dagli apparati e segnalano fortissimi rallentamenti.

D’altro canto, la voglia di collaborare degli italiani, al di là di moltissime iniziative autonome, non è stata in questi mesi incanalata.

Nasce così l’idea di mettere a punto un progetto di rilancio della zona, un rilancio che per essere davvero efficace deve intervenire su un territorio più ampio, anche se omogeneo dal punto di vista socio-economico e culturale, delle aree più direttamente colpite dal Terremoto.

 

Il territorio dell’Appennino centrale orientale

 

La ricerca ha analizzato l’area dell’Appennino centrale orientale, che comprende i territori appenninici di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, abitata dal circa 1,4 milioni di persone, vale a dire il 15% delle popolazioni di quelle Regioni.

Si tratta di un territorio abbastanza omogeneo, sia dal punto di vista geografico, che dal punto di vista socio culturale, è la “spina dorsale” dell’Italia, regioni dalle forti caratteristiche di coesione sociale, di laboriosità e di tenacia.

Un territorio, quello appenninico che “non molla”, malgrado obiettive difficoltà ed una tendenza a “scivolare” a valle e non solo dal punto di vista idrogeologico.

Basti pensare che:

  • Negli ultimi 10 anni il contributo al Valore Aggiunto Regionale dei comuni totalmente montani è rimasto invariato, quindi la crisi non è stata più forte che in pianura.
  • Il livello di istruzione non è inferiore a quello dei comuni non montani.
  • Il tasso di occupazione è 1 punto percentuale in meno rispetto alle medie regionali.
  • La produttività è leggermente migliorata rispetto a quella dei comuni non montani, in Umbria è scesa meno che a valle e nelle Marche poco di più (-2%).
  • Lo spopolamento si è attenuato: negli ultimi 10 anni in Umbria la popolazione montana è cresciuta del 3,8%, nelle marche e in Abruzzo è scesa solo del 2%.
  • L’invecchiamento della popolazione si sente, è maggiore del 20% rispetto ai comuni non montani: questo è il vero tema che desta preoccupazione.
  • Forte è anche il sentimento di abbandono: meno uffici, meno banche, meno posti letto in ospedale.
  • Gli stranieri sono aumentati, ma nei comuni non montani questo è accaduto negli ultimi 10 anni, ad un ritmo doppio rispetto a quelli montani, quindi c’è ancora margine di accoglienza.
  • Il contributo dei comuni montani ai distretti industriali è maggiore che in pianura.
  • Il 16% delle start up innovative avviate nelle 4 Regioni sono basate in montagna.
  • Il consumo di suolo è 1/3 rispetto a quello dei comuni non montani.
  • Circa il 35% dei comuni appartiene ad un’area protetta.
  • Ci sono oltre 100 posti letto per turisti ogni 1000 abitanti, la media nazionale è 80.
  • Oltre il 20% dei comuni è classificato tra i borghi più belli d’Italia, si tratta della densità maggiore d’Italia, trainata ovviamente dall’Umbria.
  • Ogni 1000 abitanti ci sono 7,5 imprese attive nel made in Italy, la media nazionale è 6.
  • Ogni 1000 abitanti ci sono 8 istituzioni no profit, la media nazionale è 5,8.
  • E ci sono 110 volontari ogni 1000 abitanti, la media nazionale è 80.

 

Le tribù

 

La ricerca ha scelto di lavorare su alcune “tribù” accomunate da un interesse comune, piuttosto che sulle comunità locali, cercando di rispondere alle seguenti domande:

Quali tribù abitano l’Appennino? Con quali problemi? Quali valori, quali proposte, anche attrattive e d’investimento, sono in grado di mettere in campo? Quali interventi possibili, quali investimenti pubblici o privati possono essere attivati? Magari interventi minuti, piccoli e leggeri, immediatamente realizzabili, fluidi concreti, che sviluppino sinergie e opportunità già presenti o sottoutilizzate.

Ne sono state messe a fuoco alcune:

  1. Gli allevatori
  2. Gli amministratori locali
  3. Le comunità scolastiche
  4. Gli agricoltori
  5. Gli immigrati
  6. Gli emigrati di ritorno
  7. I pendolari
  8. I possessori di seconde case
  9. Gli operatori di settori di nicchia: Turismo, prodotti tipici..
  10. I camminatori dello spirito

 

10 progetti di scopo

Sulla base dei dati raccolti, sono stati ipotizzati 11 progetti di scopo (uno per ogni tribù).

Si tratta di progetti che, pur nella tradizione, devono far leva su:

  • Le nuove tecnologie;
  • L’economia della condivisione;
  • Il coinvolgimento dei privati;
  • L’inserimento nelle filiere nazionali;
  • La partecipazione degli EELL;
  • Lo slancio sociale «pro terremotati» ancora vivo in Italia.

I partner

Un progetto ampio e a geometrie variabili che faccia leva sul sentimento di solidarietà per le aree terremotate, ma anche sull’ambizione collettiva di salvare un’area cruciale dell’Italia.

Concretamente si tratta di assistere le tribù nella realizzazione dei progetti, mettendoli in contatto con i Partner necessari.

Nel progetto verranno così coinvolti:

  • Aziende private, a cui offrire non solo visibilità in un grande progetto sociale e di sviluppo, ma anche reali possibili investimenti.
  • Amministrazioni Locali, prime fra tutte quelle Regionali, a cui offrire progetti già pronti e assistenza tecnica per predisporre piani coerenti, una comune metodologia d’approccio, in sostanza per ingegnerizzare i progetti in sintonia con i progetti comunitari (CLLD PSR FESR FSE).
Dal 19/07/2017
Al 19/07/2017